Queste parole del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, pronunciate nel suo discorso di fine anno, mi hanno profondamente colpita. Non solo per la loro potenza evocativa, ma perché ci ricordano che la speranza non è qualcosa che accade fuori da noi: è il risultato delle nostre azioni, decisioni e del nostro impegno quotidiano.
Leggendole, ho ripensato a Tina Anselmi, figura straordinaria della storia italiana. Recentemente ho letto il suo libro Nessuna persona è inutile, che mi ha offerto spunti preziosi per riflettere sul ruolo di ciascun individuo nella costruzione del bene comune. La sua vita è un esempio vivido di come trasformare la speranza in azione concreta.
Tina Anselmi ha vissuto in un’epoca segnata da grandi difficoltà e cambiamenti: la Seconda Guerra Mondiale, la Resistenza, la ricostruzione di un Paese devastato. Non si è limitata ad osservare o ad attendere che il cambiamento arrivasse da altri. Ha scelto di agire. Partecipò alla Resistenza come staffetta partigiana, rischiando la vita per difendere i valori di libertà e giustizia. Dopo la guerra, si dedicò alla politica, diventando la prima donna ministra in Italia.
Nel corso della sua carriera, Anselmi lottò per i diritti delle donne, dei lavoratori e per la trasparenza nelle istituzioni, affrontando anche questioni complesse come l’inchiesta sulla loggia massonica P2. La sua convinzione che “nessuna persona è inutile” non era solo una dichiarazione, ma una filosofia di vita: ogni individuo ha un ruolo importante da svolgere nella società, e ognuno di noi può contribuire a costruire un futuro migliore.
Le parole di Mattarella e l’esempio di Tina Anselmi trovano una profonda risonanza anche nel mondo del lavoro. In qualità di responsabili, manager, imprenditori e imprenditrici, siamo chiamati ogni giorno a fare scelte che non riguardano solo il presente, ma plasmano il futuro delle nostre organizzazioni e delle persone che ne fanno parte.
La speranza, in azienda, non è un atto passivo. Non è attendere che il mercato migliori o che arrivi una soluzione dall’esterno. È avere il coraggio di investire nei talenti, creare un ambiente di fiducia, trasformare le difficoltà in opportunità e dare valore alle persone. Ogni scelta che facciamo – dalla valorizzazione dei collaboratori al modo in cui affrontiamo le sfide – è un gesto di speranza.
Cosa significa per voi trasformare la speranza in azione concreta?
Come state costruendo fiducia e futuro nelle vostre organizzazioni?
L’esempio di Tina Anselmi ci insegna che non dobbiamo aspettare che la speranza venga da fuori: è nelle nostre mani, nelle nostre scelte quotidiane.
Mi piacerebbe sapere come vivete questa responsabilità nella vostra realtà professionale.
Questo articolo vuole essere non solo uno spunto di riflessione, ma anche un invito ad agire. Perché, come diceva Tina Anselmi, “nessuna persona è inutile” e, aggiungo io, nessuna azione è troppo piccola se contribuisce a un futuro migliore.
Condividete le vostre esperienze o riflessioni nei commenti: la speranza è una strada che si costruisce insieme.
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