Certe storie non invecchiano mai.
Il docu-film We Are the World: la notte che ha cambiato il pop racconta un evento unico: la registrazione, in una sola notte, della celebre canzone benefica che ha riunito 46 tra le più grandi voci della musica americana.
Ma al di là del valore musicale e sociale, ciò che mi ha colpita profondamente è il suo potenziale simbolico.
Quella sala di registrazione è stata un laboratorio straordinario di inclusione, ascolto, collaborazione e leadership condivisa.
Una metafora perfetta del lavoro di squadra nelle organizzazioni.
Da questa ispirazione è nato un ciclo di 5 post su LinkedIn.
Qui li raccolgo e li approfondisco, con lo sguardo di chi, come me, lavora ogni giorno con le persone in azienda, anche… facendole cantare.
Nel primo post ho raccontato l’elemento che dà inizio a tutto: la capacità di 46 artisti di mettere da parte il proprio ego per un obiettivo più grande.
Non si sono messi in gara. Si sono messi in cerchio.
Un esempio potente di leadership condivisa, dove la visione comune diventa più importante delle individualità.
💬 Cosa accadrebbe se anche nei team aziendali riuscissimo a sospendere per un attimo le agende personali, per cantare — insieme — una sola canzone?
Il secondo post è dedicato a uno dei momenti che preferisco del film: la scena in cui Quincy Jones e Tom Bahler stendono sul pavimento decine di foglietti con i nomi degli artisti.
Ascoltano ogni voce con cura e assegnano mezzo verso a ciascuno, scegliendo in base a ritmo, tonalità, stile.
Un lavoro preciso e silenzioso di valorizzazione del talento.
💡 La lezione? Non basta “dare un compito”. Serve ascoltare, osservare, capire chi può esprimersi al meglio in quel ruolo, in quel momento.
Proprio come faccio anch’io, ogni volta che costruisco un coro o un team.
Huey Lewis non era previsto come solista. Poi Prince si ritira. Quincy Jones lo chiama.
Huey ha paura, si sente inadeguato… ma si mette in gioco. E canta alla grande.
Mi è successo qualcosa di simile in un coro aziendale.
Una solista all’ultimo minuto non può partecipare, e io affido la parte a una ragazza che avevo notato per presenza, impegno e preparazione.
Era terrorizzata, ma ha accettato. E il giorno della registrazione… ha commosso tutti.
💬 Quante persone in azienda sono pronte a brillare, se solo qualcuno credesse in loro?
Bruce Springsteen, dopo un concerto, registra da solo la sua parte.
Avrebbe potuto fare il minimo. Invece dà tutto.
Non per emergere, ma per contribuire.
In azienda, questo si chiama leadership di servizio: quando chi ha talento e autorevolezza sceglie di mettersi al servizio del gruppo.
Come accade spesso nei cori aziendali che dirigo, dove ruoli e gerarchie si mescolano, e chi è più esperto accoglie con umiltà l’aiuto di chi — per una volta — guida da un’altra posizione.
🎶 La vera armonia nasce quando l’umiltà supera l’ego.
Nell’ultimo post ho raccontato un gesto semplice e coraggioso di Quincy Jones: durante la registrazione, chiede ad alcune persone del coro di non cantare in certi passaggi e lo fa con chiarezza e rispetto.
Perché in un progetto collettivo non serve che tutti facciano tutto.
Serve che ciascun contributo sia funzionale al risultato.
💬 Leadership è anche saper ascoltare e fare scelte difficili, mantenendo fiducia e rispetto reciproco.
Questo ciclo di post mi ha permesso di rivedere con occhi nuovi una storia che amo profondamente.
E mi ha dato l’occasione per raccontare, anche attraverso la mia esperienza nei cori aziendali, come certi meccanismi — ascolto, riconoscimento, fiducia, servizio — siano alla base di ogni squadra che funziona.
Perché in fondo, che si tratti di un palco, di una sala riunioni o di un magazzino…
We are the world non è solo un titolo. È un invito.
🎯 Se vuoi costruire team capaci di suonare all’unisono, sono qui. Scrivimi. Magari non canteremo We Are the World… o magari sì.
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